domenica 20 agosto 2023

Gorsexio ed il magico mondo delle api

La cascina di Gorsexio è un luogo del cuore della nostra famiglia giunto ormai alla quinta generazione. Quando era ancora in funzione come mulino, nostro bisnonno Angelo Servetto ne ereditò una parte da un suo fratello, alla vigilia della seconda guerra mondiale.

Api al lavoro finché c'è l'ultimo raggio di sole (foto personale)

Altri tempi ed altre persone. Mio bisnonno era del 1892, era il sesto di sette fratelli in una famiglia contadina radicata da decenni in Costa d'Erca, all'inizio della Val Cerusa. Reduce della prima guerra mondiale, era rimasto vedovo in giovane età con due bimbi. Anziché risposarsi, decise di stabilirsi in questa pendice di Appennino da dove si intravede uno spicchio di mare, dove le pendenze sono andine e dove è perenne la lotta fra selva, fasce coltivate, bestie più o meno domestiche.

Angelo con la sua "cuffa" sempre su una spalla, la testa e la spalla riparate da un sacco ripiegato angolo nell'angolo. Sempre piena di qualcosa,  qualcosa quasi sempre pesante e sporco. Terra, pietre, letame, foglie, legna. Alle prese con una terra da domare con lavoro duro e bestemmie che volavano come punti esclamativi.

Nostro bisnonno Angelo Servetto, classe 1892 (foto personale)

Da Baciccia a Giacomo e Marianna


Dopo Angelo è stato il turno di suo figlio, il mitico nonno Baciccia. Leva 1921, è stato uno dei tanti ragazzi italiani la cui gioventù è stata attraversata dalla furia della seconda guerra mondiale. L'8 settembre 1943 era a Pola, in Istria, dove frequentava l'accademia navale. Raccontava sempre divertito che, quando dopo l'8 settembre suo papà l'ha visto arrivare dopo mesi che non aveva sue notizie, gli ha detto "Òu! " e ha continuato a zappare nell'orto. Una sillaba, rimasta in famiglia, che copriva la grande emozione con la necessità prima di tutto di unire il pranzo con la cena.

Nonno Giò Batta, per tutti Baciccia, che sorride sul sentiero di casa (foto personale)

Con Baciccia il mulino è diventato la sua officina, la cantina dove torchiava l'uva acquistata in Piemonte per la sua (grande) riserva personale, il magazzino dove stipava ogni genere di cianfrusaglie per via di tre regole auree:

1) nu se caccia via ninte: non si butta via niente;
2) nu se sa mai: non si sa mai, può sempre venir bene;
3) u l'é ancun bun: è ancora in buono stato... anche per oggetti in avanzato stato di degrado.

Io e mio fratello, con lui, abbiamo iniziato a dare le prime cazzuolate di cemento, tagliare erba, dare martellate ed in genere a svolgere ogni lavoro tendenzialmente interdetto dai genitori più per la sporcizia generata che per il pericolo in sé.

Fabio 1992 Marco... le prime cazzuolate (foto personale)

Fra il 1992 ed il 1993 abbiamo abitato qui stabilmente per diversi mesi. È un ricordo bellissimo, fatto di intere giornate all'aria aperta a giocare nel torrente, a ripulire le fasce e a raccogliere legnetti per la stufa, unica fonte di calore, inverno incluso. 

Fabio e Marco, inverno 1992 (foto personale)

Da quel periodo papà Giacomo e mamma Santina hanno cominciato a risistemarla. Per me e mio fratello ha iniziato ad essere un punto di riferimento... fino ad oggi, in cui ci sono gnometti che puliscono fischiettando Whisky il ragnetto e serpi in gonnella che reclamano regolare stipendio per le mansioni svolte.

Gnometto lavoratore (video personale)

Mele non da mele, ma da Melle cioè miele


Oltre alla sistemazione della casa, la vera sfida è tenere testa all'inesorabile avanzata del bosco. Con mio fratello ci siamo posti il problema, pensando a come impegnare quel lembo di terra scoscesa non avendo la possibilità di tenerci bestie né coltivare le fasce con costanza.

La soluzione di quel gondone di Marco è stata tanto semplice quanto geniale: basta guardare lo stemma del paese.

Il nome di Mele infatti non ha niente a che vedere con il frutto di Adamo ed Eva, bensì con melle, ablativo del latino mel, melis, che significa appunto miele. Il tutto campeggia nello stemma del Comune: un'arnia accostata da sette api e la scritta EX MELLE MIHI NOMEN nella lista d'argento. La traduzione è dal miele il mio nome. Non a caso!

Lo stemma del comune di Mele (da wikipedia.org/Mele)

Dove nasce questa predisposizione già nota in tempi antichi? Probabilmente è dovuto alla particolare conformazione del territorio, uno dei punti in Italia dove lo spartiacque è più vicino al mare. In pochi chilometri si va dagli 0m sul livello del mare agli oltre 1000m dell'Appennino, ricchi di boschi e macchiati da un buon numero di fioriture consistenti.

L'apis mellifera ha un raggio di azione medio di 3km, ma può arrivare anche a 10. Per cui il notevole dislivello fa sì che la stessa fioritura si possa trovare anche in momenti diversi in base all'altitudine e le api hanno più tempo per fare scorta. Aiuta anche la notevole disponibilità d'acqua che, nei secoli passati, ha reso gli opifici da carta dell'entroterra di Voltri famosi in tutto il mondo.

Fungo e funghetto nel bosco dietro casa (foto personale)

Ai tempi dei romani non era un problema, ma l'ulteriore vantaggio dei giorni nostri rispetto alla pianura è l'assenza di agricoltura intensiva, con annessi pesticidi letali, che sono una delle principali cause di morte delle api.

E' così che, fra 2013 e 2014, a Mele spunta un nuovo apiario. Prima di acquistare le prime due arnie, sia io sia Marco ci siamo diplomati apicoltori seguendo il bellissimo corso organizzato da ALPA Miele. Con alcune lezioni sia teoriche sia pratiche si imparano i rudimenti del magico mondo delle api ed è frequentabile anche da chi non necessariamente vuole diventare apicoltore.

Controllo primaverile dei telaini in cerca di celle reali per evitare la sciamatura (video personale)

I nostri mieli: acacia, erica, castagno... melata di metcalfa ed edera


Fra i mieli che sgorgano dai nostri boschi, il più conosciuto ed apprezzato è sicuramente quello di acacia: gusto dolce e delicato, colore limpido e paglierino. E' complicato da raccogliere perché fiorisce in piena primavera quando è più facile avere un'alta variabilità del tempo: condiziona la produzione nettarifera (con basse temperature ed insolazione cala drasticamente) ed influisce sull'attività delle api, più attive con sole e temperature più alte.

Miele d'acacia appena invasettato, dopo aver riposato un mese circa in botte (foto personale)

Il primo miele dell'anno però è il miele di erica, poco conosciuto perché sono pochi i posti dove si riesce a raccogliere (Liguria, Toscana, Sardegna). Tuttavia le sue qualità originali non sono da meno dell'acacia. Ha un aroma più marcato ed un colore tendente al rubino. L'erica fiorisce fra fine inverno ed inizio primavera. Dato il periodo, è ben difficile da raccogliere: a fine inverno gli sciami sono deboli ed il meteo è estremamente variabile.

Il miele di castagno è quello che, per quantità, dà sempre soddisfazione. Fiorisce fra giugno e luglio. Il carattere forte ed il retrogusto amarognolo, oltre che il colore scuro, ne fanno un miele molto amato o molto odiato. Io rientro nella prima categoria e lo spalmo su ogni caso, formaggi inclusi.

I tre mieli appena citati costituiscono la produzione del nostro apiario. I nostri boschi però offrono almeno altre due varietà.

Castagne dei nostri boschi, prodotto che ha sfamato generazioni di nostri avi (foto personale)

La prima è la melata di metcalfa. Curiosamente è un miele non ricavato da fiori, bensì dagli scarti di questo insetto, simile ad una farfalla, introdotto accidentalmente in Italia negli anni '70. Si nutre di linfa vegetale, scartando la parte zuccherina che rilascia sulle piante sotto forma di filamenti bianchi, fra luglio e settembre. Poiché è un periodo di grande fame per le api ed avaro di fioriture, non ci siamo mai cimentati nella raccolta.

La seconda varietà è il miele d'edera. Anche questo è un prodotto molto di nicchia e molto difficile da trovare. L'edera fiorisce ad inizio autunno. Sebbene con l'abbandono delle campagne la sua diffusione sia deflagrata, la sua raccolta è estremamente complicata. Poiché cristallizza già all'interno del favo, la sua estrazione è molto impegnativa e richiede tanto lavoro in cambio di risultati spesso modesti. Tuttavia il colore bianco, il dolce aroma di bosco e la consistenza granulosa ne fanno un prodotto unico. Un paio di anni fa, a costo di tanti epiteti in memoria del bisnonno e molti avi prima di lui, il buon Marco ne ha estratto una manciata di chili. Quest'anno ritentiamo l'avventura 🤘🏼

Marianna all'opera con la centrifuga per estrarre il miele dai melari (video personale)

Chiusa la parentesi sui mieli locali, ne apro una breve sul consumo nazionale. Dal 2016 il miele estero  consumato in Italia supera quello prodotto sul suolo nazionale. Premesso che anche in altri paesi vengono prodotti mieli di alta qualità ed estremamente particolari (come il miele elfico, diventato famoso per i suoi costi a tre zeri), a destare preoccupazione è proprio la bassa qualità delle importazioni, talvolta spacciate per Made in Italy.

Coldiretti ha lanciato un grido di allarme, in particolare per le importazioni da Est Europa e Cina. Il Celeste Impero copre il 20% delle importazioni di miele in Italia e fa specie che, a fronte di un crollo mondiale della produzione, in Cina negli ultimi anni sia decuplicato nonostante non sia un paese propriamente noto per gli standard ambientali.

I prezzi alti non sono una garanzia automatica, ma quando al supermercato vediamo prezzi molto bassi è inverosimile che dietro ci sia una produzione di qualità.

Infine ricordo che oltre al miele si possono produrre anche propoli, cera, polline, pappa reale, ma questi sono altri capitoli...

Etichetta d'Amé de Mé, il miele di Mele (foto personale)

Un equilibrio perfetto e delicato


Erica, acacia, castagno, melata, edera... come fanno le api a produrre tipi di miele diverso e come si fa a capire? Ogni territorio è caratterizzato da fioriture consistenti in specifici periodi dell'anno e prevalgono nettamente sulle altre. Le api si concentrano su queste per la loro abbondanza e per ottimizzare il loro lavoro. Tuttavia possono esserci sovrapposizioni fra fioriture varie, con un tipo di miele prevalente e altro che ne modifica le qualità in maniera più o meno percettibile. 

Questa è una delle tante peculiarità che caratterizzano il mondo delle api, come la loro straordinaria organizzazione, il modo in cui si dividono i compiti, il loro incredibile orientamento e la danza che compiono per comunicare direzione, distanza e pure quantità di cibo.

E' un equilibrio perfetto e delicato, esposto principalmente a tre grandi minacce.
Marco al lavoro mentre controlla i telaini (foto personale)

Il primo è l'ampio utilizzo di pesticidi in agricoltura o anche di sostanze per parchi e giardini che crediamo innocue, ma in realtà letali per le api. Spesso le api non muoiono subito, ma portano queste sostanze nell'alveare entrando così nella loro catena alimentare e provocando l'agonia della colonia. Nella nostra catena alimentare, ahimé, sono già presenti in maniera consistente.

Il secondo è la varroa, un acaro, ospite naturale dell'apis cerana (cinese) che riesce a tenerlo sotto controllo, diventato ormai endemico anche dell'apis mellifera (europea). Non esistono praticamente più apis mellifera ligustica (sottospecie italiana utilizzata in tutto il mondo) allo stato brado a causa della varroa. La prevenzione della varroa è il motivo fondamentale per cui è necessario frequentare corsi dedicati di apicoltura prima di avviare questa attività, anche per mero hobby. Uno sciame altamente contaminato è una grave minaccia per tutti gli sciami circostanti.

Al centro in alto un'ape regina, "marchiata" di giallo per essere più facilmente riconoscibile durante tutte le operazioni ad arnia aperta (foto personale)

Il terzo è il riscaldamento climatico e gli eventi estremi che rendono meno accessibili le risorse. Nelle nostre zone in particolare gli inverni più caldi fanno "saltare il letargo". Quando inizia (iniziava?) la stagione fredda, le api formano il glomere, una formazione “a palla” che le api operaie assumono per mantenere una temperatura costante nell'alveare. In questo periodo le api riducono al minimo la loro attività, inclusa la deposizione di uova da parte della regina, moderando il consumo delle scorte di miele messe da parte nei mesi precedenti. L'inverno caldo invece stimola le api ad uscire in cerca di nuovo cibo, che non c'è. Così consumano velocemente le scorte e gli sciami arrivano a primavera morendo di fame o saccheggiandosi a vicenda, quando invece dovrebbero iniziare le prime grandi raccolte. 

Marco alle prese con un paio di apicoltori apprendisti... l'educazione delle nuove generazioni è importante! (foto personale)

Una minaccia recente è rappresentata dalla vespa velutina, una vespa importata accidentalmente dal sud est asiatico, grande predatrice di api. Ha iniziato a diffondersi partendo dalla Francia nel 2004 e, senza trovare particolari ostacoli, ha invaso rapidamente tutta l'area compresa fra Portogallo, Gran Bretagna e Germania. In Italia è per ora contenuta proprio alla nostra regione, la Liguria, ed in parte alla Toscana. Per ora l'unico metodo di contrasto è il tracciamento e la distruzione dei nidi, motivo per cui è molto importante segnalare il ritrovamento di un esemplare

La protuberanza vicino al bordo del telaino è una cella reale che ospita la larva di una futura ape regina, le altre più piccole intorno invece ospitano larve di fuchi, i maschi dell'alveare, il cui unico scopo è quello di fecondare la regina. Non hanno di pungiglione e vengono scacciati prima del letargo. Marco li ha definiti dei "belini con le ali" (foto personale)


Gioie e dolori

Sarebbe bellissimo che ognuno di noi avesse almeno un'arnia sul terrazzo. Non è una cosa impossibile: alle api non interessa molto di ciò che succede oltre i 2-3m dal proprio alveare. 

Battute a parte, chi fosse interessato a fare l'apicoltore, deve essere cosciente di non aver a che fare con una vaschetta di pesci rossi. E' un'attività che, anche a livello hobbistico, richiede preparazione per capire i meccanismi variabili che regolano la vita delle api. Non sono banali e vanno studiati: per questo in ogni regione sono presenti associazioni apistiche accreditate dalle regioni, facilmente trovabili sul web.

Sciamatura primaverile: decine di migliaia di api abbandonano il nido, in cerca di dove posarsi per costruire un nuovo favo. Marco ci tiene a ricordare che lo sciame non era nostro e per le sciamature vanta ancora il "clean sheet" (foto personale)

E' sempre meglio iniziare con due famiglie, per avere la sicurezza di covata fresca per fare una nuova regina in caso di necessità. Di per sé l'impegno non è gravoso, ma va gestito seguendo i ritmi delle api: controllo della sciamatura, trattamento della varroa, nutrizione, raccolta, ecc. E' inevitabile compiere degli errori, ma ci sono a disposizione (gratis) i tecnici delle associazioni apistiche e gli apicoltori più esperti.

Le api sciamate si sono posate sul tronco di un olivo, riunendosi a forma di sassofono (foto personale)

E' un modo per capire più da vicino quanto sia straordinaria la Natura, ricordandosi che non è esente da rischi. Essere preparati serve a conoscere i momenti migliori in cui mettere le mani dentro l'alveare. La tuta da apicoltore protegge, ma qualche puntura di tanto in tanto può capitare. Così come può capitare che anche le api, nel loro piccolo, si incazzino, ma anche questa è un'altra storia...

...e se le api s'incazzano, non c'è pertugio in cui non riescano a penetrare (foto personale)



sabato 22 luglio 2023

La bomba di Salvini sulla Gronda e i possibili sviluppi

"Il problema con la Gronda non sono i soldi, ma il fatto che il progetto ha tanti anni e deve essere aggiornato. Ma stiamo lavorando di continuo per averla al più presto e l'amministratore delegato di Aspi sa bene che è una priorità". Matteo Salvini, Ministro delle Infrastrutture, così ieri ad Arenzano, 21.07.2023.

Immagino che molti genovesi, in coda, siano sobbalzati leggendo o ascoltando questa dichiarazione il giorno dopo (qui sul Secolo, anche in formato video, ma facilmente rintracciabile su tutti gli organi di stampa).

Di base Salvini smentisce se stesso. Neanche un anno fa, il 4 dicembre 2022, dichiarava l'apertura dei cantieri entro due settimane e la sconfitta dei professionisti del no. Smentisce anche il suo vice, Edoardo Rixi, che pochi giorni fa aveva preannunciato entro l'estate l'approvazione del progetto della Gronda da parte del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici.

Di fatto però, Salvini ha il "merito" di dire una cosa che molti pensano, inclusi molti favorevoli all'opera come il sottoscritto, ma nessuno aveva finora avuto il coraggio di dire: il progetto va rivisto.

Il progetto definitivo della gronda, in viola scuro i nuovi cavalcavia
(da urbancenter.comune.genova.it)


La Gronda in spiccioli

Su questo sito dedicato sono presenti tutti i dettagli dell'attuale progetto: tracciato, cantieri, tempistiche e molto altro. Si tratta di un progetto di dimensioni colossali: 72km di nuova autostrada, 25 gallerie per una lunghezza pari a 50km, 37 viadotti di cui 16 nuovi e 21 da riadattare.

Lo scopo della Gronda è di alleggerire la pressione del traffico veicolare su Genova, i cui assi autostradali, progettati in tempi in cui i volumi di traffico erano ben altri, non bastano più a sostenere.

La Gronda permetterebbe di suddividere il traffico cittadino da quello pesante e di attraversamento, oggi tutto concentrato sulla A10. Nel progetto è inclusa la liberalizzazione della A10 fra Genova Pra' e Genova Aeroporto, sulla quale potrebbe essere ulteriormente convogliata buona parte del traffico dell'Aurelia. Si tratterebbe indubbiamente di un grande investimento nella nostra città, capace di sostenerne la crescita, non solo nel periodo dei cantieri.

L'attuale tracciato della Gronda di Genova è il frutto di un lungo lavoro di progettazione e anche di confronto, iniziato nel 2009 con il Dibattito Pubblico promosso dall'allora Sindaco Marta Vincenzi. E' ancora attivo il sito del dibattito, su cui si può trovare molta documentazione interessante. All'epoca era stata individuata una soluzione tra le cinque alternative presentate, fra le quali però non erano presenti né la "gronda bassa" né l' "opzione zero".

Rendering dell'attraversamento della Val Cerusa:
due nuovi viadotti per la viabilità principale, uno per gli svincoli (grondadigenova.it)


Un'opera attesa e ferma dagli anni '80

Della Gronda se ne parla da quando sono nato, nel 1984, vale a dire da quando è stato ultimato il raddoppio della A10, da Ventimiglia a Genova Ovest, probabilmente una delle autostrade più complesse al mondo per numero di gallerie, viadotti (Morandi incluso) e attraversamento del tessuto urbano.

Già negli anni '80 ci si è presto resi conto che non sarebbe bastato il raddoppio a gestire l'aumento dei flussi di traffico attraverso Genova. Il primo grosso limite del progetto attuale è che le basi sono le stesse gettate in quegli anni.

Nel frattempo ci sono almeno due grosse novità strutturali:

1) la Gronda doveva essere anche un'alternativa alla dimissione del Morandi, che purtroppo si è tragicamente risolta da sé;

2) la rettifica dell'A7 ovvero il rifacimento completo dell'ultimo tratto della Genova - Serravalle, nel tratto verso Genova, che ripercorre ancora il percorso originario della vecchia camionale degli anni '30. Proprio in questo tratto, che verrebbe completamente stravolto, sono previsti gli innesti della Gronda.

Il secondo macro problema, che Salvini minimizza ma è tutt'altro che secondario, riguarda le risorse economiche.

In origine, in fase di dibattito pubblico (quindi oltre 10 anni fa), il costo stimato era fra i 2,2 ed i 2,5 miliardi di euro. Il costo aggiornato a prima del boom delle materie prime era diventato di 4,2 miliardi di euro. La tendenza, in un periodo di inflazione galoppante e tensioni internazionali, è di un'ulteriore crescita dei costi. Una cifra che oscilla fra i 4 ed i 5 miliardi di euro equivale ad una finanziaria del Governo, per altro da ricavare attraverso i pedaggi (palanche nostre) e quindi difficilmente sostenibile con durate delle concessioni a norma di legge.

Infine, ma non per importanza, rispetto agli anni '80 c'è sicuramente un'altra sensibilità nei confronti dell'ambiente che una nuova progettazione potrebbe recepire. Il Decreto di Valutazione di Impatto Ambientale che aveva rilasciato il Ministero dell'Ambiente nel 2014 conteneva ben 43 prescrizioni, per buona parte delle quali l'osservazione è tutt'altro che banale. Così come sono altrettanti stringenti quelle contenute nella VIA di Regione Liguria.

La necessità di "digitalizzare" l'opera citata da Rixi oggi sugli organi di stampa mi sembra poca cosa rispetto a quanto sopra. Logica e comprensibile invece l'importanza di coordinare i cantieri che partiranno in questi anni (diga, tunnel subportuale, terzo valico, nodo ferroviario) per evitare la paralisi della città.

Rendering dell'attraversamento della Val Leira, sopra il cimitero,
e di un nuovo svincolo, sotto Villa Duchessa di Galliera (grondadigenova.it)


La "Gronda Bassa", l'uovo di Colombo

Alcuni mesi fa ho partecipato alla presentazione di un progetto alternativo, elaborato dall'ing. Sessarego, che riprende l'ipotesi di Gronda Bassa. Quest'ultima ipotesi, per cui non so spiegare perché non sia stata presa in considerazione già in origine se non per la necessità di abbattere il Ponte Morandi, prevede un percorso affiancato all'autostrada attuale, per cui molto più breve.

Nell'ipotesi di Sessarego, definita non a caso "Gronda di Colombo", l'innesto di levante avverrebbe come prosecuzione del nuovo Ponte S.Giorgio, quello di ponente in prossimità del casello di Genova Pra'. 

Oltre ad essere aggiornato rispetto alla rettifica dell'A7 e del nuovo ponte S.Giorgio, i vantaggi sono enormi: percorso più corto, abbattimento di costi e tempi di cantiere, eliminazione di ulteriori attraversamenti in tre valli già oberate di cavalcavia (Val Polcevera, Val Leira, Val Cerusa), meno rocce amiantifere e smarino da gestire (anche se a qualcuno potrebbe dispiacere..).

Difficilmente potrà essere la soluzione definitiva, ma sicuramente può essere un ottimo spunto per "aggiornare" il progetto. 

Mappa con evidenza della Gronda, che diventerebbe la nuova autostrada di Genova,
e la A10 in blu, percorribile dal traffico leggero senza pedaggio
da Genova Pra' a Genova Aeroporto (grondadigenova.it)


Il bivio della politica

Ormai è evidente che il progetto attuale, per vetustità e costi eccessivi, sia la migliore garanzia affinché la Gronda ritardi il più possibile. Il nodo politico però è altrettanto evidente: dopo anni di studi, decreti e dichiarazioni bipartisan a sostegno di questo progetto, e altrettanti ministri e governi bipartisan che non sono riusciti ad avviarla, l'inversione di marcia da fare è di quelle da doppia striscia continua. 

L'uscita di Salvini ha il merito di aver rotto l'omertà su un "non detto" che dopo anni, anzi decenni, di fermo è sempre più cristallino: la Gronda va ripensata.

Il problema finora è stato che chiunque abbozzasse qualcosa al riguardo, veniva tacciato di essere un professionista del no o di voler ritardare la cantierizzazione dell'opera. Che sia stato lo stesso Salvini a mettere in discussione il progetto, oltre ad essere una nemesi divertente, è la certificazione che la Gronda vada rivista.

Quello da capire è come si intenderà intervenire sul progetto attuale, con che prospettiva di semplificazione dell'opera e contenimento dei costi. Viste le false partenze di questi anni, credo che più ci si allontani dalla versione attuale, più si possano apportare correttivi che la rendano realizzabile e digeribile per il territorio. Il nodo però è sempre politico: sarebbe importante, ed auspicabile, una larga convergenza politica, anche delle forze ad oggi più scettiche sull'opera.

Marta Vincenzi, Sindaco di Genova dal 2007 al 2012,
presenta il progetto della Gronda nel 2010 (corriere.it)


Strada di Crevari e bypass di Voltri

Due considerazioni personali su un paio di ricadute locali, una immediata e una di lungo periodo. 

Tempo fa avevo espresso ottimismo circa la possibilità di concludere finalmente la nuova strada di Crevari. Il tratto mancante era stato finanziato nell'ultimo Piano Triennale dei Lavori Pubblici. Peccato che da inizio anni, il Piano sia già stato rivisto quattro volte e, nella revisione di maggio, i fondi per la strada di Crevari siano stati stralciati.

Motivazione? "E' stata inserita nel progetto della Gronda". Associare il lavoro della strada di Crevari a quelli di un cantiere che è decenni che deve partire è esattamente la sciagura che speravo non si abbattesse sulle speranze crevaresi. Scelta per altro già perpetuata da questa amministrazione comunale nel ciclo precedente, le cui conseguenze sono facili da prevedere, per la strada di Crevari e per tutte le opere locali collegate alla Gronda.

Il bypass di Voltri invece è una vecchia battaglia che merita di essere rispolverata. Si tratterebbe di una galleria di collegamento fra Val Leira e Val Cerusa, originariamente prevista proprio come arteria di cantiere per la realizzazione della Gronda, che resterebbe ad utilizzo della cittadinanza una volta terminati i lavori. Sarebbe l'unico modo per risolvere il problema del traffico di Voltri, obbligatoriamente costipato sull'Aurelia. La proposta, sostenuta da Valter Ferrando, era stata anche approvata a larga maggioranza dal Consiglio Regionale nel 2010.

Per quanto possibile, mi piacerebbe rilanciare questa proposta e pensare contemporaneamente ad una pedonalizzazione dei tratti di Aurelia che non sarebbero più passaggi obbligati. E' un'idea su cui rifletto da parecchio tempo e che mi riprometto di dettagliare prossimamente. Una volta convertita l'A10 al solo traffico cittadino, pensare ad una pedonalizzazione dell'Aurelia dove possibile è un lavoro che andrebbe fatto per ogni delegazione. Almeno, questa è la mia visione, da cittadino, di miglioramento della vivibilità della nostra città in conseguenza alla realizzazione della Gronda.

Scorcio della nuova strada di Crevari (passeggiareinliguria.it)


La Gronda, un interesse di vecchia data

Chiudo il mio post con un'ultima considerazione riguardo quest'opera tanto necessaria quanto controversa. Oltre a condividere i natali con il sottoscritto, almeno a livello di pensiero, coincide anche con l'inizio del mio interesse per la politica locale.

Sono stati due i temi per cui ho iniziato a partecipare ad incontri ed assemblee: la Passeggiata di Voltri, promossa con coraggio dal mitico Roberto Bruzzone, e proprio la Gronda, rispolverata da Marta Vincenzi in prossimità della sua elezione a Sindaco. Erano i primi anni 2000 e per i temi che riguardavano il territorio c'era sempre tanta partecipazione diretta. A volte l'attenzione era un po' "focosa", ma comunque più piacevole e divertente di quanto succeda oggi con i social.

L'interesse per la Gronda era nato attraverso il "Comitato di Crevari", fondato da mio papà, il sottoscritto e soprattutto i nostri dirimpettai Mauro Cervo e Lucio Crovetto. L'approccio non era pregiudizialmente contrario all'opera, ma di tutela preventiva: i nostri condomini avevano subito danni notevoli in seguito alla realizzazione del raddoppio dell'A10, da cui era derivata una causa decennale con Autostrade.

Poiché l'ipotesi originaria di tracciato prevedeva una galleria proprio sotto l'abitato di Crevari, grazie ad un lavoro certosino e martellante del buon Lucio, era stato depositato un dettagliato esposto per danno temuto presso la Procura di Genova, più volte aggiornato, che evidenziava i rischi di quella soluzione. E' stata un'azione che ha dato i suoi frutti, tanto da ottenere una modifica del progetto, ribaltando verso monte la curva che inizialmente, rivolta verso mare, passava proprio sotto il paese.

Da allora non c'è articolo sulla Gronda che sfugga. Sono ormai passati oltre 15 anni e l'attenzione sull'opera è rimasta costante, nella speranza che venga fatta, nel rispetto del territorio che attraversa e dei cittadini che ci vivono.

Estratto della modifica del tracciato in prossimità di Crevari (evidenziato in arancione)
in conseguenza all'esposto: la "pancia" della curva, originariamente prevista verso mare,
è stata ribaltata verso monte (da archivio personale)




giovedì 6 luglio 2023

Dai talebani ai cinghiali, l'avventura di Oscar sui 470km dell'Alta Via dei Monti Liguri

Oscar è un ragazzo belga di 29 anni che conosco da diverso tempo. L'ultima volta che era stato a Genova era il febbraio 2020, poche settimane prima che le frontiere fossero sigillate. In mezzo c'è stata una pandemia, un pupo in più (io), un anello al dito in più (lui).

Insieme condividiamo la passione per la storia e per la politica internazionale.. con un piccolo distinguo: lui la vive in presa diretta. Mentre io difendevo il posto fisso ad Alessandria schivando i cantieri della A26, lui gironzolava prima in Uzbekistan e poi in Afghanistan solo per citare le sue ultime esperienze.

Al termine della sua avventura nel martoriato paese dei talebani, verso fine aprile, mi informava della sua idea di attraversare tutta l'Alta Via dei Monti Liguri, da Ventimiglia a Sarzana.

Durante le sue precedenti visite ne avevamo già percorso insieme qualche tratto, nelle zone a me più care fra Crevari, Faiallo e Prato Rotondo. A questo va aggiunto il mio martellamento di questi anni, detto e fatto: ad inizio giugno è sbarcato a Ventimiglia.

Tramonto su mare e monti visto dal bivacco sul Monte Pennello
(foto di Oscar J.D.B.)


470km di mare e monti

Oscar ha iniziato la sua passeggiata il 9 giugno e l'ha conclusa 21 giorni dopo, il 30 giugno, a Ceparana. In mezzo ci sono 470km percorsi a piedi, 22.000m di dislivello attivo e altrettanti di dislivello passivo. In media sono 22km al giorno, con uno zaino sotto i 15kg per portare cibo, tenda, 1,5l di acqua e tutto il resto indispensabile per affrontare i nostri bricchi (volevo andare leggero, cit.). e prendere il volo già prenotato per il 3 di luglio.

Rispetto ai 440km canonici, ha percorso qualche decina di km in più uscendo dal percorso per raggiungere vette e paesi limitrofi all'Alta Via. Oscar ha tenuto a specificarmi di non aver forzato troppo il passo per godersi il paesaggio.

Durante la sua permanenza in Liguria ci siamo incontrati due volte: la prima quando è transitato dalle parti di Voltri, la seconda quattro giorni fa al suo rientro da Sarzana. Ho registrato, con orgoglio, la sua soddisfazione per la bellezza e la particolarità dei posti che ha attraversato: di angoli di mondo ne ha visto parecchi. Avete tante belle cose vicino.

Spesso l'abitudine e la pigrizia non ci fanno rendere conto a fondo di quello che abbiamo dietro casa.

Oscar sull'Alta Via... dei monti afghani (foto di Oscar J.D.B.)


L'1% di tragitto che abbiamo percorso insieme

Per la sera che Oscar transitava dal Ponente Genovese, gli ho chiesto se non si offendesse a dormire per una sera con un tetto sopra la testa. La parte più impegnativa è stata convincere Giacomo a cedergli la sua cameretta per una notte, trattativa che ha avuto risvolti molto divertenti. Per siglare l'esito felice dei negoziati, abbiamo cenato insieme con tutta la delegazione di zii, facendo il pieno di pesto, vino bianco e focaccia di Voltri.

Il giorno dopo siamo risaliti insieme in quota, partendo da Gorsexio, attraversando la Canellona, strada napoleonica d'origine romana, fino a Forte Geremia dove poi ci siamo salutati. Per buona parte abbiamo percorso sentieri ripuliti dai ragazzi che li percorrono con le bici, in particolare da Ponente Outdoor: un lavoro assolutamente non banale. Oltre a far rivivere percorsi che i nostri antenati consumavano per muoversi fra le frazioni e commerciare, danno la possibilità di godersi appieno un paesaggio unico. E' il punto di tutto l'Appennino dove mare e monti sono più prossimi. I boschi di castagni, roveri e poi di brughi, rendono il passaggio dai bricchi ai 1000m estremamente piacevole.

Oscar ed il sottoscritto in prossimità di Forte Geremia (foto personale)

Nelle due ore scarse che impieghiamo a percorrere i 5km di tragitto, ci godiamo il passaggio dal blu del mare a quello del cielo. Gli scambi con fauna e flora locale a volte sono estremamente piacevoli, altre un po' meno. Oltre le fragole (i mitici merelli) e le prime more, le innumerevoli specie di volatili e di insetti, ci imbattiamo nel sempre più ingombrante abitante dei nostri boschi, il cinghiale, e negli escrementi (facilmente riconoscibili per l'alta quantità di peli) di quello che lo sta affiancando, il lupo.

Ci sarebbero pagine e pagine da scrivere sulla nostra gestione della fauna, dalla reintroduzione del cinghiale, alla diffusione dei caprioli, alla peste suina, ecc. Mi limito a dire che, sebbene la nostra percezione dei boschi sia sempre uguale, credo che in realtà la situazione sia ben diversa rispetto a soli dieci anni fa. Per il momento, facciamo attenzione alle diverse zecche che attentano alla nostra pelle. Anche queste sono presenze costanti di cui Oscar mi riferisce durante tutto il cammino fatto.

Giunti a Forte Geremia, una piccola sorpresa. Oscar, che la sera precedente aveva beneficiato di una lectio magistralis di mio fratello sui forti di Genova, uno dei quali avevano visitato insieme in notturna in una delle sue puntate precedenti, tira fuori una mappa molto dettagliata per dare un'occhiata ai passaggi successivi. La mappa è grossa come un lenzuolo e gli chiedo dove accidenti sia riuscito a trovarla. Noto che è del 1984, ci sono diversi siti evidenziati e mi racconta che già suo nonno era passato da quelle parti. Diavolo di un belga!

Non mi resta che salutarlo e augurargli di godersi appieno il ripercorrere delle orme di suo nonno.

In Afghanistan non ci sono biciclette, si va a cavallo! (foto di Oscar J.D.B.)


Liguria selvaggia

Discutendo al termine del suo giro, Oscar è rimasto colpito da quanto sia selvaggia la Liguria. A volte mi pareva di essere in Vietnam, fra colline verdi dove regnano le bestie, le zanzare... e faceva molto caldo. In Europa del Nord stanno facendo esperimenti col "rewilding" (Oostvaardesplassen in Paesi Bassi, Knepp in Inghilterra, puoi trovarli sulla rete). Un sacco di gente ci va per osservare la fauna con i binocoli ed ammirare la flora. In Liguria il "rewilding" si sviluppa da sé.

Escrementi di lupo, facilmente riconoscibili per l'alta qualità di peli (foto di Oscar J.D.B.)

Durante il tragitto si è imbattuto in case, paesini molto isolati, anche se in linea diretta sono abbastanza vicini alle città del lungomare. Uno del CAI che ho incontrato al Rifugio du Pratomollo mi diceva che da Genova si raggiungono Aosta o Milano più velocemente dei paesi dell'entroterra ligure.

Sempre quello del CAI mi ha detto che dieci anni prima non era così selvaggio. I sentieri erano un po' più mantenuti. Quindi l'entroterra ligure si sta spopolando. Quelli che ci vivono ancora sono piuttosto anziani...e non vanno a correre per i sentieri. 

L'abbandono del nostro entroterra è uno dei miei crucci. Ne ho scritto pochi giorni fa nell'articolo sulla ricerca di titanio nel Beigua poiché, alla retorica dell'oro verde, spesso si oppone una giungla di burocrazia che rende veramente complicato il presidio del territorio. Non conforta che il problema sia percepito anche da occhi esterni. Tuttavia, l'Alta Via, con i dovuti investimenti, potrebbe essere uno degli strumenti per rilanciarlo.

In viaggio nei boschi fra Gorsexio e Canellona, sui sentieri ripuliti dai ragazzi di Ponente Outdoor
(foto personale)


L'Alta Via e l'altra faccia della tipica accoglienza ligure

Conversando con Oscar, ho raccolto le sue osservazioni su cosa potrebbe andare meglio sull'Alta Via. Sono cose che sappiamo da sempre, ma spesso accettiamo con inerzia. Dai rifugi chiusi, con punti acqua non accessibili, a diversi tratti non segnalati o senza sentieri, in particolare prima del Beigua arrivando da Ponente e nella zona della Fontanabuona, dove in un tratto ha pure pensato di lasciar perdere.

In questo comune, l'Alta Via non esiste. I sentiero praticamente non ci sono.
Molto difficile andare avanti (foto di Oscar J.D.B.)

Mea culpa, ho dimenticato di dire ad Oscar di quanto in Liguria siamo gelosi dei nostri funghi... ma un compromesso fra consorzi e AV meriterebbe di essere trovato. FQ

Detto da chi ha attraversato valli dove manco i talebani mettono piede, qualche riflessione la meriterebbe. Per altro anche mio fratello, che non è stato in Afghanistan ma qualche giretto per il mondo l'ha fatto, dopo aver fatto mezza Alta Via aveva abbandonato proprio nella stessa zona.

Infine poche le persone incontrate sul tragitto. L'accessibilità si ripercuote sulla frequentazione dell'Alta Via ed è un peccato: è un gioiello della nostra regione. Non credo debba affollarsi come Via XX Settembre in centro a Genova, ma potrebbe essere un volano per il nostro entroterra molto più di quanto avviene oggi dove solo alcuni tratti dell'Alta Via sono vissuti e valorizzati.

Marco, Oscar, Valentina, Andrea, Silvia ed il sottoscritto al termine degli impegni enogastronomici di rito. Abbiamo conosciuto Oscar in occasione dell'Erasmus di Valentina in Belgio nel 2015
(foto personale)


Il traguardo ed i saluti

Dopo il suo arrivo a Ceparana, bagnato da un solenne acquazzone, gli ho consigliato di visitare Sarzana, le sue mitiche fortezze e di gustare l'altrettanto mitica spongata della pasticceria Gemmi. Dopo un intermezzo a Fosdinovo per la festa medievale, con Oscar ci siamo accordati per una nuova cena voltrese a colpi di orate grigliate, per un ultimo saluto e soprattutto per un racconto di questa sua avventura.

Finito! L'arrivo a Ceparana (foto di Oscar J.D.B.)

Come sempre è stata divertente (per noi) la sua opera da babysitter con Giacomo e Marianna, elettrizzati dalla presenza di questo ragazzo giramondo, ma non abbastanza forgiato per sopravvivere a cotante belve. Ricordiamo sempre sorridendo l'ultima volta che Oscar era stato a casa nostra, era stato preso in ostaggio da Marianna per giocare e dopo poco se ne era uscito con un "non sono ancora pronto per tutto questo". Il ragazzo ha fatto progressi, ma ha ancora bisogno di fare ulteriore esperienza in qualche luogo esotico, per altro imminente, per affinare un po' la tecnica.

Iniziamo dalle basi, con un soggetto non troppo pericoloso: cambio abiti di Giacomo (foto personale)

Il tempo dei saluti è sempre quello più emozionante. Ogni volta c'è il piacere di aver condiviso un pezzo del proprio piccolo mondo con chi ne ha già visto parecchio... e questa volta Oscar ha sbulaccato perché oltre a vicoli e centro storico di Genova, ha visto un bel pezzo di Liguria più grosso di quello che ho visto io in quaranta anni che ci abito. Prima o poi devo rimediare!

C'è un'ultima cosa per cui invece ci sono pochi rimedi. Oscar parla diverse lingue fluentemente, l'italiano è fra queste ma con una peculiarità. Genova è stata una delle sue mete più frequenti e io credo di essere uno degli italiani con cui lo parla più spesso. Il risultato è un accento con un marchio facilmente riconoscibile. Belin!

Aumentiamo il livello di difficoltà, con soggetto subdolo ed irascibile: partita ad UNO con Marianna.. Fabio, come si dice "tricher" in italiano? (foto personale)


Fotostoria da Ventimiglia a Ceparana

Qui sotto tutte le foto che mi ha inviato Oscar della sua attraversata, gentilmente messe a disposizione. Sono in ordine cronologico, dalla sua partenza di Ventimiglia fino al suo arrivo a Sarzana, tranne le ultime sei.

In corsivo ho lasciato i suoi commenti, da leggere con pronuncia vagamente sassone ed accento genovese. In stampatello qualche mio commento. Buona visione!

Sentiero degli Alpini (foto di Oscar J.D.B.)

A sinistra della cima, Italia, a destra la Francia (foto di Oscar J.D.B.)

Sempre sul sentiero degli Alpini (foto di Oscar J.D.B.)


Rifugio Allavena (foto di Oscar J.D.B.)


Siesta prima di salire sul Saccarello (foto di Oscar J.D.B.)

A fondo valle i paesini tipici di Realdo e Verdeggia (foto di Oscar J.D.B.)

Vista sul Rifugio La Terza (foto di Oscar J.D.B.)

Mai visto pale eoliche così enormi. Uno di Savona con cui ho chiacchierato le chiamava "eco-mostri". Sono piuttosto d'accordo (foto di Oscar J.D.B.)
...pure io, FQ

Bivacco sotto la pioggia alle Bocchine delle Meraviglie sopra Garessio (foto di Oscar J.D.B.)

Vista su Garessio (foto di Oscar J.D.B.)

Vista sulla Riserva Naturale Regionale dell'Adelasia dalla Cascina Miera e, sulla destra, la mia tenda (foto di Oscar J.D.B.)

Terrazza della Cascina Miera. Ottimo posto. Brava gente (anche se Savonesi). (foto di Oscar J.D.B.)
In occasione delle sue visite gli ho spesso raccontato degli ottimi rapporti fra genovesi e savonesi.. FQ


Vista dalla torre d'osservazione della Riserva. In Provincia di Savona hanno soldi per costruire torre così (25.000€, mi hanno detto), ma niente per mantenere i sentieri (foto di Oscar J.D.B.)

Prima vista di Genova dal monte davanti al Rifugio di Prato Rotondo (foto di Oscar J.D.B.)

Dallo stesso posto si vedeva anche Savona! (foto di Oscar J.D.B.)

Una meraviglia del Beigua: un Lys Martagon (foto di Oscar J.D.B.)

Sul Monte Reixa. Preghiamo che la discesa nella nebbia vada bene! (foto di Oscar J.D.B.) 

Scendendo verso Crevari, dopo il Passo della Gava (foto di Oscar J.D.B.)

Scendendo ancora...la discesa mi è piaciuta, col Mare sempre in fondo (foto di Oscar J.D.B.)

(foto di Oscar J.D.B.)
Il campanile della chiesa di S.Eugenio in Crevari... casa! FQ

Vista dal bivacco sul Monte Penello, vicino alla Punta Martin (foto di Oscar J.D.B.)

Fuori Creto. L'ho aiutato al decollo! (foto di Oscar J.D.B.)

Roba strana, vista accanto a un sentiero (foto di Oscar J.D.B.)

Feeling strong (foto di Oscar J.D.B.)

Sulle cime, fra Creto e il Passo della Scoffera (foto di Oscar J.D.B.)

Un amico (foto di Oscar J.D.B.)
Un amico molto coraggioso per stare vicino a quei calzini! FQ

Vista dal rifugio (chiuso..) di Barbagelata (foto di Oscar J.D.B.)

Se guardi bene, vedi che sulla pietra c'è un vecchio segno dell'Alta Via (2 palloncini blu).. .e quello più recente (in rosso). Nascosto dall'erba, perché sennò sarebbe stato troppo facile (foto di Oscar J.D.B.)

Vista dal Ramaceto (foto di Oscar J.D.B.)

Siesta sul Monte Aiona (foto di Oscar J.D.B.)

Rifugio Passo del Bocco e dintorni (foto di Oscar J.D.B.)

(foto di Oscar J.D.B.)

(foto di Oscar J.D.B.)

Val di Vara. Quindi Varese Ligure laggiù, una ventina di pale eoliche alle spalle
(foto di Oscar J.D.B.)

(foto di Oscar J.D.B.)
Fichi enormi, scendendo su Ceparana (foto di Oscar J.D.B.)


Alcune, prese da gente che ho incontrato sul cammino. Qui sono accanto a una "anthill" (formicaio) enorme. Passo del Rastrello (foto di Oscar J.D.B.)

(foto di Oscar J.D.B.)
Alta Via formato Ardenne per sentirsi a casa, FQ

Documenti interessanti, di uno più preparato di me che faceva l'Alta Via anche lui. Potrebbe essere interessante (foto di Oscar J.D.B.)

(foto di Oscar J.D.B.)

Segnali AV, accanto alla segnaletica della F.I.E. (giallo) che nessuno capisce veramente
(foto di Oscar J.D.B.)

Vicino al Passo del Faiallo, una mattina (foto di Oscar J.D.B.)

A presto Oscar!

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